sabato 24 dicembre 2016

Buon Natale e buone feste


Ai lettori del blog auguriamo i migliori auguri di buon Natale e buone feste!

... e ricordate che 
 Michele e Paola

giovedì 22 dicembre 2016

Spezzatino di cinghiale ai 10 aromi



Se hai la fortuna di avere un amico cacciatore, può succedere che il medesimo ti proponga delle carni di animali che non sempre trovi dal macellaio o al banco frigo del supermercato.
Questa volta è successo che la proposta fosse relativa a della carne di cinghiale.
Va precisato che l’animale abbattuto rientrava in quella che nell’ambito venatorio viene definita “caccia di selezione”. Ovvero, se in una determinata area la presenza di cinghiali risulta eccessiva, alcuni cacciatori abilitati, vengono incaricati di abbattere i capi che risultano in eccesso.
Ciò premesso, ricevuto un quantità adeguata di carne, ci siamo attivati per preparare uno spezzatino di cinghiale marinato con dieci aromi, seguendo una ricetta rinvenuta nel web tempo fa.
Dosi:
- 1,5 kg. di spezzatino di cinghiale,
- 1 cipolla,
- 1 costola di sedano,
- 1 carota,
- 3 spicchi d’aglio,
- ciuffo di prezzemolo,
- 3 foglie di alloro,
- salvia e rosmarino,
- cucchiaino di pepe nero in grani,
- cucchiaino di bacche di ginepro,
- 2 kg di pomodoro a pezzettoni,
- vino rosso q.b.


Per quanto riguarda la marinatura, per noi vale ancora quanto espresso nel precedente post relativo al coscio di capriolo al forno.
Abbiamo preparato un bagnetto aromatico composto dai principali aromi  presenti in dispensa: cipolla, carota, sedano, aglio, prezzemolo, foglie di lauro, bacche di ginepro, pepe in grani (grossolanamente schiacciati), rosmarino e salvia.
La carne di cinghiale è stata opportunamente lavata e ripulita da tutte le piccole impurità presenti. Il tutto è stato poi coperto con del buon vino rosso, non quello in cartone da discount!




L'insieme è rimasto in ammollo, in un ambiente fresco per circa 24 ore, mescolando il tutto di tanto in tanto .
Trascorso questo periodo, abbiamo separato in due fasi il lavoro da farsi, da una parte terminare di preparare la carne, dall’altra realizzare un contenitore adeguato nel quale servirla.
Abbiamo diviso la carne dagli aromi (che vanno conservati) e buttato il vino della marinatura.
La carne è stata scottata in un tegame senza olio e a fuoco basso, avendo cura di buttare il liquido che esce.
Una volta che la carne risulta asciutta, aggiungere l’olio e gli aromi della marinatura, ben sgocciolati, continuando la cottura fino a che la carne inizia a rosolare.
A questo punto aggiungere altro vino rosso (non quello della marinata), alzare la fiamma per farlo evaporare e aggiungere il sale.
Il passaggio successivo prevede di unire il pomodoro, abbassare la fiamma e cucinare a fuoco scoperto per circa due ore e mezza, fino a quando il pomodoro si amalgama in una salsa cremosa e la carne non si sfalda.



In contemporanea, abbiamo preparato una polenta, l’abbiamo versata in uno stampo da dolci e lasciata a raffreddare sino a che non prende la forma desiderata.



Abbiamo completato la corona di polenta riempiendo la parte vuota con lo spezzatino e servito in tavola, accompagnato da un vino rosso adeguato per l’occasione.




Buon appetito.










domenica 18 dicembre 2016

La nebbia agli irti colli


Qualche giorno fa pubblicai una foto su Instagram, relativa a una giornata nebbiosa immortalata anni fa in una località a sud dei Colli Euganei.
A qualcuno è piaciuta e ho quindi pensato di riproporre tutta la serie.
Il bello di Instagram è che ti puoi limitare a pubblicare una sola istantanea, di un argomento a tuo avviso interessante e ritieni che la foto sia riuscita bene.
Nel blog, invece, tutto si complica perché devi impiegare più tempo a scrivere e scrivere bene, nel senso ampio del termine.
Devi essere convincente, quasi dovessi vendere qualcosa. Cosa che nel mio caso non è!
Ma, ritorniamo, però, alle nebbie di una volta.
Alla domenica mattina, molto spesso inforcavo la Lambretta (chiamata dagli amici Giordano) e mi avviavo verso la zona sud dei Colli Euganei. Superavo il centro abitato di Baone, salivo verso il cosiddetto passo delle “Croci”, arrivavo alla frazione di Valle San Giorgio e da li riprendevo a salire verso il monte Gemola.
Giunto nei pressi di una fontanella, denominata dai locali “Pissarotto”, sicuramente per le ridotte capacità produttive della stessa, parcheggiavo Giordano e mi avviavo a camminare per strade e sentieri.
Molta acqua è passata sotto i ponti e anche per il beccuccio del “Pissarotto” , il quale da una semplice vasca di cemento e un tubo di ferro, è diventato, forse grazie ai generosi contributi del parco dei Colli Euganei, l’opera che possiamo vedere sotto: 


45.272856, 11.683476 (per i tecnologici, queste sono le coordinate di Google maps per individuarlo).
Come premesso, una domenica mattina partii da casa con un nebbione di quelli tosti. Strada facendo, mentre salivo verso le colline, mi rendevo conto che la situazione stava cambiando.
Nebbia significa alta pressione, perciò bel tempo, per chi si trova al di sopra dei banchi nebbiosi!
Superata la soglia della nebbia, mi resi conto del particolare e dell’incantevole paesaggio che mi si parava davanti.
Feci un veloce dietro-front, tornai a casa e cercai la macchinetta fotografica. Fortunatamente era carica e vi erano ancora pochi fotogrammi nel rullino in uso. Rigorosamente in bianco e nero.
Una volta era un po’ diverso, adesso, con il digitale è tutto più semplice ed economico, si possono fare foto non solo con la fotocamera, ma anche, e soprattutto, con il telefonino, il tablet e chi più ne ha più ne metta.
Per concludere, giunto sul monte Gemola, dagli spazi di Villa Beatrice immortalai queste immagini che vi propongo, in ordine rigorosamente casuale, di colli che diventano scogliere o isole in un mare di zucchero filato.
Buona visione. 











venerdì 9 dicembre 2016

Scie chimiche e scie fetide



Stamattina, mentre in auto accompagnavo mia moglie ad un appuntamento, si stagliava sul cielo azzurro, reso più limpido da un’aria fresca e frizzantina (-3°), una bella scia bianca lasciata da un aeroplano che transitava da sud verso nord.
Spontaneo fare un’ironica allusione a quanto nella rete e non solo (pensiamo alle dichiarazioni e interrogazioni fatte in parlamento da taluni nostri rappresentanti) si va dicendo in merito alle scie lasciate dalle macchine volanti.
Per confermare che il fenomeno delle scie aeree non è cosa recente, raccontai alla moglie un aneddoto giovanile, degli anni 60 del secolo scorso.
Da bambino frequentavo la parrocchia e, come molti ragazzi nati all’ombra del campanile, ero anche impegnato come chierichetto.
Un bel giorno, in parrocchia, arrivò un nuovo sacerdote, lo chiameremo “don Giovanni” (nome di fantasia operettistica).
Questo signore era una delle prime persone, alla comunità note, che aveva subito un intervento all’intestino e circolava con una sacca esterna che conteneva qualcosa sulla quale non è il caso di indagare.
Forse per i postumi dell’intervento, forse per una cattiva igiene personale, era difficile non percepire la sua presenza.
Un bel giorno, al suo passaggio, un carissimo amico esclamò: 
“quando passa un aereo lascia la scia per cinque minuti, quando passa don Giovanni, lascia la scia per mezz’ora!!”

Quindi, niente di nuovo sotto il sole! 


p.s. la foto è relativa alle scie chimiche, per le scie fetide, che sono più pericolose, ci stiamo attrezzando 😊😊😊