giovedì 26 gennaio 2017

Un bell’epiteto



Ho deciso: per il prossimo compleanno (a fine mese) mi regalo un epiteto.
Lo spunto di questa importante decisione nasce dalle lettura e l’intreccio di situazioni riconducibili e presenti in un paio di libri.
L’ultimo letto, in ordine temporale, riguarda il vivere quotidiano intorno all’anno mille.
Nella premessa, l’autore del testo precisa che per scrivere e descrivere un determinato periodo storico, bisogna cercare le fonti dove queste esistono, sono documentate e risultano attendibili.
Per quanto riguarda l‘anno mille, testi qualificati si possono trovare, per motivi diversi, al nord delle Alpi oppure in Francia, in particolare.
In Francia, i documenti sono in modo prevalente riconducibili alla vita e all’attività svolta nei monasteri, il più famoso dei quali risulta essere quello di Cluny (https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_Cluny).
La vita dei monaci del monastero di Cluny era codificata fin nei minimi particolari e si rispettavano i principi che originavano da San Benedetto da Norcia e la sua conosciuta regola: ora et labora.
Come in ogni comunità ben organizzata, all’interno del monastero si potevano individuare diversi profili e figure professionali, se così si può dire, ogn’una con le proprie competenze e responsabilità.
Oltre ai monaci ordinari, avremmo trovato quelli che adesso potremmo definire “quadri o funzionari”, tra questi: l’abate e il priore, il camerario, il cellerario, l’addetto al refettorio, l’addetto al granaio, il monaco conestabile, il monaco giardiniere, il sacrestano, il primo cantore e l’infermiere.
Tutti con un loro specifico ruolo e incarico di responsabilità all’interno del monastero.
Ciò premesso, dopo le letture fatte, mi attirava l’idea di abbinare al mio nome anche un appellativo legato ai miei attuali interessi e attività.
Nell’ambito di questo blog, ho così deciso di definirmi “Michele il Conservatore”, inteso come colui che addetto alle conserve, nel senso più ampio del termine e non solo quello strettamente latino: "cum serbare" = "tenere con" (se), "custodire insieme" quindi, in sostanza, preservare e mantenere inalterato.
Sia ben chiaro, nulla a che vedere con il significato politico del termine.
Nella mia immaginaria visione, “il conservatore” è la persona che deve monitorare costantemente la situazione della dispensa, valutare le scorte presenti nella stessa e, di conseguenza, programmare quante e quali conserve preparare durante l’annata agraria, per poter affrontare e superare la cattiva stagione e arrivare alla successiva primavera.
Sono e resto convinto che tempo fa “il conservatore” fosse una figura veramente importante per una comunità, religiosa o meno, perché dalle sue capacità poteva dipendere la sopravvivenza della stessa comunità.
Scherzi a parte, mi rendo conto che adesso una figura del genere non ha più significato perché è sufficiente andare al supermercato e, per quanto riguarda l’aspetto alimentare, si trova tutto quello che si desidera, in quantità anche eccessiva e in qualsiasi momento e stagione dell’anno.
Per concludere, spero che l’epiteto mi sia di auspicio e possa anch’io durare inalterato e a lungo nel tempo, come una conserva riuscita bene! 

domenica 22 gennaio 2017

Chi cerca trova

Tra i prodotti della terra che la stagione autunnale ci regala per le nostre tavole, troviamo i funghi. 
Non essendo noi degli appassionati di micologia, ed essendo in ogni caso regolamentata la raccolta, preferiamo affidarci agli esperti e, solitamente all'acquisto di quantitativi che abbiano passato il vaglio degli ispettorati micologici dell'ASL.

Eccoli appena puliti:


e qui dopo accurato lavaggio e cottura:


Dalla terra alla panza.... accompagnati da una polenta fumante e formaggio stagionato!

mercoledì 11 gennaio 2017

Prosciutto crudo di cinghiale



L’amico cacciatore di cui al precedente post, un giorno mi procurò anche un prosciutto crudo di cinghiale.
Poiché non era ancora stagionato al punto giusto, lo lasciammo riposare per un po’ di tempo nella cantina della suocera.








 

Quando giunse l’occasione per il suo impiego in cucina, si presentò il problema della toelettatura.
Il coscio era veramente peloso e il pelo molto ispido.
In prima battuta pensai di usare un vecchio rasoio elettrico e una forbice. 







 
L’opera di pulizia si presentava più ardua del previsto. Decidemmo per un’azione più energica e passammo all’uso di un affilato coltello da cucina.





 




Il risultato finale fu quello di ottenere un coscio pulito e un “simil-parrucchino” da cedere a qualcuno che avesse problemi di alopecia!


Sicuramente il costo sarebbe stato inferiore a quello di un trapianto, per contro, al suo passaggio, tutti i cani del quartiere lo avrebbero inseguito, abbaiando furiosamente!


L’opera di toelettatura continuò, compresa l’asportazione dell’osso femorale. 



I pezzi di carne ottenuti, sono stati in parte consumati, abbinati con verdure e salse,


e in parte confezionati, stesi su vassoio e sigillati in sottovuoto, quali regali natalizi. 




In ogni caso va evidenziato che il prosciutto crudo di cinghiale presenta un propria personalità, il gusto è forte e deciso, molto lontano dai prosciutti crudi, dolci o salati, ottenuti dai maiali. Chi si avvicina a questo prodotto deve tenere in considerazione anche questo aspetto, onde evitare brutte sorprese e spiacevoli conseguenze.

Per chiudere: un fatto personale successo anni fa.
Approffitando di un ponte dovuto a una festività, io e la moglie andammo a farci un giro in una zona a cavallo tra l’appennino emiliano e toscano.
La notte pernottammo in una località di cui non ricordo il nome, e al mattino, ci presentammo al bar dell’albergo per la colazione.
L’ambiente era di quelli che ormai non si trovano più, uccisi dalle regole (a volte giuste) legate al rispetto dei requisiti minimi igienico-sanitari.
Da una parte c’era il bar, dietro gli alimentari, di fianco i giornali e i tabacchi. Dopo una certa ora della notte, magari si trasformava pure in night club!
In ogni caso ero in fila e aspettavo il mio turno per la colazione.
Davanti a me un signore, già noto al barista, che gli chiese: "architetto, desidera il solito cappuccino di latte scremato e la brioche integrale?".
Infatti, da sempre è a tutti risaputo che gli architetti sono persone colte, raffinate e salutiste.
Mentre aspettavo, mi guardai intorno e nel reparto alimentari notavo, appeso al soffitto, un crudo di cinghiale e, a quel punto, fui illuminato come San Paolo sulla via di Damasco.
Alla domanda di cosa desiderassi per colazione, chiesi se fosse possibile avere un panino con il crudo di cinghiale.
Il responso del barista fu affermativo; il medesimo però incalzando mi chiese cosa volessi da bere per accompagnare il panino.
Guardai l’orologio e risposi: “vista l’ora, un bicchiere di vino bianco!”.
Con la risposta credo di avere stupito tutti i presenti. In ogni caso fu una delle migliori colazioni della mia vita.