Ho
deciso: per il prossimo compleanno (a fine mese) mi regalo un epiteto.
Lo
spunto di questa importante decisione nasce dalle lettura e l’intreccio di
situazioni riconducibili e presenti in un paio di libri.
L’ultimo
letto, in ordine temporale, riguarda il vivere quotidiano intorno all’anno
mille.
Nella
premessa, l’autore del testo precisa che per scrivere e descrivere un
determinato periodo storico, bisogna cercare le fonti dove queste esistono,
sono documentate e risultano attendibili.
Per
quanto riguarda l‘anno mille, testi qualificati si possono trovare, per motivi
diversi, al nord delle Alpi oppure in Francia, in particolare.
In
Francia, i documenti sono in modo prevalente riconducibili alla vita e
all’attività svolta nei monasteri, il più famoso dei quali risulta essere quello
di Cluny (https://it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_Cluny).
La
vita dei monaci del monastero di Cluny era codificata fin nei minimi
particolari e si rispettavano i principi che originavano da San Benedetto da
Norcia e la sua conosciuta regola: ora et labora.
Come
in ogni comunità ben organizzata, all’interno del monastero si potevano individuare
diversi profili e figure professionali, se così si può dire, ogn’una con le
proprie competenze e responsabilità.
Oltre
ai monaci ordinari, avremmo trovato quelli che adesso potremmo definire “quadri
o funzionari”, tra questi: l’abate e il priore, il camerario, il cellerario, l’addetto
al refettorio, l’addetto al granaio, il monaco conestabile, il monaco
giardiniere, il sacrestano, il primo cantore e l’infermiere.
Tutti
con un loro specifico ruolo e incarico di responsabilità all’interno del
monastero.
Ciò
premesso, dopo le letture fatte, mi attirava l’idea di abbinare al mio nome
anche un appellativo legato ai miei attuali interessi e attività.
Nell’ambito
di questo blog, ho così deciso di definirmi “Michele il Conservatore”, inteso come colui che addetto alle
conserve, nel senso più ampio del termine e non solo quello strettamente latino:
"cum serbare" = "tenere con" (se), "custodire
insieme" quindi, in sostanza, preservare e mantenere inalterato.
Sia
ben chiaro, nulla a che vedere con il significato politico del termine.
Nella
mia immaginaria visione, “il conservatore” è la persona che deve monitorare
costantemente la situazione della dispensa, valutare le scorte presenti nella
stessa e, di conseguenza, programmare quante e quali conserve preparare durante
l’annata agraria, per poter affrontare e superare la cattiva stagione e
arrivare alla successiva primavera.
Sono
e resto convinto che tempo fa “il conservatore” fosse una figura veramente
importante per una comunità, religiosa o meno, perché dalle sue capacità poteva
dipendere la sopravvivenza della stessa comunità.
Scherzi
a parte, mi rendo conto che adesso una figura del genere non ha più significato
perché è sufficiente andare al supermercato e, per quanto riguarda l’aspetto
alimentare, si trova tutto quello che si desidera, in quantità anche eccessiva
e in qualsiasi momento e stagione dell’anno.