Recuperato un
cosciotto di un giovane capriolo, abbiamo cercato la ricetta che poteva essere
più congeniale per esaltare le caratteristiche di quella particolare tipologia
di carne.
Per cominciare si
presenta il dilemma: marinatura no, marinatura si, ma quale e come.
Da parte mia sono
favorevole alla marinatura poiché ritengo che la carne della selvaggina sia
caratterizzata da un gusto “deciso” e forse poco accetto ai nostri palati
abituati a riconoscere carni meno saporite.
Nella preparazione
della marinata sono però contrario all’uso dell’aceto e al riciclo della stessa
marinata in fase di cottura della carne.

Il coscio è rimasto
in ammollo e al fresco nel frigorifero per circa 24 ore, girato di tanto in
tanto.
Una volta pronto, il
coscio è stato ricomposto, legato con spago da cucina, all’interno sono finiti
ancora aromi, quali cipolla e rosmarino nonché parte della pancetta per
ammorbidire. La rimanente pancetta è stata utilizzata per avvolgere il pezzo di
carne.
Preparata una
pirofila e un pezzo di carta da forno, il coscio è finito nel forno caldo e a una temperatura
iniziale di 220°, dopo dieci quindici minuti, la temperatura è sta ridotta a
180° per un paio d’ore. Durante la cottura, in più occasioni il liquido
di cottura, integrato con un goccio di vino, è stato usato per bagnare la
carne. Da metà cottura in poi, la carta che chiudeva il coscio è stata aperta
per favorire una veloce asciugatura.
Alla fine il
prodotto ottenuto è questo.
Una parte della
carne è stata consumata in purezza, mentre, una parte è stata abbinata a una
salsa dolce-salata ottenuta mescolando al fondo di cottura rimasto, una mela,
della confettura di susina e un goccio di vino bianco.
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